POLIMERI E AMBIENTE
Pubblicato il: 20/01/2020
Il mercato dei polimeri oggi mostra un alto grado di incertezza. Ma la tendenza Bio che abbiamo indicato alcuni anni fa è inarrestabile. Questa sensazione di cambiamento, la necessità di un mondo più pulito, si sta rafforzando e sta aumentando la sua velocità. Purtroppo le risposte a questa richiesta non sono ancora completamente disponibili.
Uno dei motivi di questa rapida crescita della domanda di Bio Polimeri deriva, in Italia, da leggi che sembrano essere state create dall’oggi al domani e, sebbene siano state ideate in buona fede, sembrano non considerare la necessità di tempo che una transizione psicologica e fisiologica come questa, richiede.
Non è immaginabile il poter sostituire oltre 340 milioni di tonnellate di polimeri fossili con i Bio-polimeri, oppure, nel nome del nuovo mantra “meno plastica”, dover tornare ai prodotti tradizionali di cento anni fa.
Questo modo di pensare è contrario all’obiettivo primario/principale che noi tutti ci siamo dati: la riduzione delle emissioni di CO2 e gas serra in atmosfera.
Non possiamo mescolare le due cose, o rinunciare ai benefici immediati di minori emissioni di CO2 a causa di una idea distorta che vede la soluzione di tutti i problemi di oggi, solo nella plastica biodegradabile e compostabile. Anche se questa, va detto, sarà la soluzione finale; ma non è per oggi! Oggi, è l’economia circolare la risposta intermedia più adeguata e alla portata delle tecnologie esistenti.
La grande sfida del riciclo nel mondo
Nel mondo, nel 2016, abbiamo prodotto circa 330 milioni di tonnellate di materie plastiche vergini (la maggior parte delle quali sono PE, PP e PET) e, contemporaneamente, 242 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica (vedi rapporto PEMRG – Plastic Europe Market Research Group -), la maggior parte delle quali è finita in discarica o dispersa nell’ambiente (si calcola che solo il 20% venga riciclato efficacemente e/o portato a termo-valorizzazione). Parole chiave: organizzazione e educazione.
Nella maggior parte dei casi si tratta quindi di materiali che potrebbero essere facilmente riciclati e reintrodotti nel sistema produttivo, riducendo così la necessità di nuove plastiche vergini e riducendo così dal 30% al >50% le emissioni di CO2e per tonnellata di materiale prodotto.
Una rappresentazione grafica del risparmio di CO2e ottenibile con l’impiego di un polimero (il PET) nelle bottiglie per bevande e acqua rispetto al tradizionale Vetro, lo si può trovare riassunto qui; mentre l’informazione più completa la si può scaricare in formato pdf qui.
Alla base del problema vi è quindi il riconoscimento da parte degli utenti finali della grande opportunità di riciclo che abbiamo davanti e la necessità di migliorare le strutture e le organizzazioni di recupero in molti paesi del mondo. Solo investimenti ed educazione quindi, non fantascienza.
Qualcosa non è chiaro però. A fronte di una situazione come quella di cui sopra (meno plastica nel pianeta e riduzione di CO2e) stiamo ancora leggendo di investimenti per nuove capacità addizionali di PE e PP, o nuovi impianti in fase di costruzione. E tutto avviene mentre i prezzi dei materiali scendono rapidamente. Cosa significa tutto questo? Siamo forse di fronte al vecchio detto di Abraham Maslow: “se l’unico strumento che hai è un martello, tratterai tutto come se fosse un chiodo!” ?
Una specie di: noi sappiamo trivellare e produrre polimeri fossili, quindi… avanti così!
Passaggi evolutivi.
Evoluzione di un sistema ingegneristico lungo una curva a Esse e le sue fasi di miglioramento. Molti materiali Bio sono ancora nella fase 1 mentre qualcuno ha già raggiunto la fase 2.
Biopolimeri – I passaggi evolutivi
Sul fronte dei Biopolimeri invece stiamo affrontando una fase di adattamento convulso e continuo alla domanda crescente. La curva a S è in azione! Ma questa situazione crea quella che io chiamo una “Bio-confusione“, che non aiuta la catena di produzione (convertitori), né tanto meno l’utente finale (noi come acquirenti). Quali sono questi bio-polimeri? Come possiamo selezionarne uno ed essere sicuri che sarà la risposta giusta? Qual è la differenza tra Biobased e Biopolymers? Queste sono le domande più frequenti. Un modo di orientarsi c’è, una “chiave” per leggere questa costante evoluzione e capire dove potrebbe andare, o come si evolverà, ci viene offerta dell’analisi dei trend evolutivi (la curva a S) in chiave “trizzica”.
Partiamo da questo punto. Quando una tecnologia invecchia, ne entra in funzione una nuova. Ma quella nuova è solitamente, inizialmente, più fragile. Pertanto, il primo approccio degli ingegneri è quello di posizionare elementi della nuova tecnologia a bordo di quella vecchia. La vecchia tecnologia, più matura, darà così una mano e sosterrà quella nuova, almeno per un po’. Se guardiamo l’evoluzione dei sistemi con questo paio di occhiali, diventa più facile capire in quale fase del passaggio, dal vecchio al nuovo, si trova un certo processo.
Questo è stato vero, e rimane vero, per qualsiasi prodotto o tecnologia nota. Oggi stiamo prendendo in considerazione i polimeri, ma se qualcuno avesse la curiosità di guardare indietro nella storia, scoprirebbe che lo stesso passaggio è accaduto centinaia di anni fa nelle barche (remi → vele), più recentemente negli aeroplani (eliche → turbine) e oggi nelle auto (carburante fossile → elettrico). Questa fase è chiamata: la fase ibrida! Precede sempre un grande cambiamento.
Oggi, nei polimeri stiamo osservando la stessa tendenza in azione. I materiali fossili standard supportano la nuova tendenza Bio. I mattoni della nuova tecnologia (Bio) sono inseriti nella vecchia catena molecolare. Nuove famiglie di prodotti ibridi (Biobased) stanno venendo alla ribalta e possiamo leggerli come: Bio-PE, Bio-PP, Bio-PA, Bio-PET. Questa è la fase in cui si può ottenere il meglio delle due tecnologie, riducendo i limiti dei prodotti fossili (meno CO2e a bordo), mantenendo tuttavia i tradizionali vantaggi della tecnologia matura.
Naturalmente ci sarà bisogno di tempo prima di poterli rendere completamente Bio e dichiararli biodegradabili e compostabili. Questo percorso evolutivo è qualcosa che il legislatore dovrebbe conoscere per poter guidare la transizione dal fossile al completamente Bio in maniera adeguata e praticabile. Senza il giusto paio di occhiali i rischi di una involuzione, o di creare confusione, sono drammaticamente alti.
Nel frattempo la nuova tecnologia (prodotti completamente biologici) si sta evolvendo lungo la sua curva di apprendimento (in realtà curva a S) e progredirà fino a quando non sarà in grado di rispondere a tutte le esigenze del mercato, senza compromessi. Ci vorrà un tempo ovviamente per raggiungere quel punto. Ma, nel frattempo, alcuni segmenti industriali trarranno un beneficio prima di altri. Come è ad esempio per le applicazioni monouso a iniezione e per alcune applicazioni di imballaggio rigido.
Articolo a cura di Emilio Sitta
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