IL MERAVIGLIOSO MONDO DELLA CREATIVITÀ PASSA DA UN GESTO

Pubblicato il: 20/07/2021

IL MERAVIGLIOSO MONDO DELLA CREATIVITÀ PASSA DA UN GESTO

Il disegno e la scrittura sono per gli esseri umani il mezzo più naturale per una comunicazione visibile. E questo è vero sin dagli albori della nostra presenza su questo pianeta. La scrittura e il disegno restano ancora oggi potenti strumenti di espressione creativa.

Per esprimere un pensiero, scambiare un’esperienza, elevare il proprio spirito e permettere ad altri di entrare nel proprio “mondo”, senza limiti di tempo, un segno o un tratto codificato – la scrittura – è il mezzo più pratico. Parafrasando Proust, “ognuno di noi ha dentro di sé un libro da scrivere”. Per fare ciò sono stati inventati e impiegati nel corso dei secoli, differenti strumenti.

Basta ripensare alle pitture rupestri, o alla scrittura cuneiforme su tavolette d’argilla. Il successivo sviluppo della scrittura è legato all’evoluzione di un fluido colorato, che ha preso il nome di inchiostro. Un prodotto che utilizziamo ancora oggi, ma che parte da molto lontano. L’evoluzione è passata attraverso varie soluzioni. Miscele a base acqua e resina, oppure cera e resina, nerofumo derivato dal carbone, fluidi di insetti colorati. Successivamente si è ulteriormente evoluto grazie all’impiego dell’olio come veicolo principale, con differenti viscosità.

Il passaggio al moderno inchiostro su base olio si deve a Johann Gutenberg, un orafo e tipografo tedesco del 1400, il quale nel 1450 mise a punto una tecnica di stampa a caratteri mobili per la stampare più rapidamente su pergamena o carta, tecnica con la quale realizzò la prima Bibbia stampata al mondo.
Il miglioramento del fluido è certamente alla base dell’evoluzione dello strumento PENNA.
Uno strumento che ancora oggi non smette di affascinare.

La “penna” in origine era non era altro che lo stelo di un pianta, una cannuccia vuota, o uno stiletto metallico. La penna prende infatti il suo nome dalle piume d’uccello utilizzate tra il 400 e il 500 d.c..
Anche in questo caso la continua ricerca di prestazioni superiori, portò all’identificazione della piuma d’oca come “penna” ideale. Avendo una migliore resistenza meccanica della altre manteneva il filo più a lungo e  poteva essere ripristinata (temperata) più volte. Una tecnica ancora oggi applicata alle matite e ai pastelli.

Un passaggio evolutivo non meno importante è quello accaduto all’estremità della penna: la punta. Di fatto la parte più critica preposta a raccogliere una certa quantità di inchiostro e a trasferirlo sul supporto target. Inizialmente come abbiamo visto era un semplice elemento appuntito, monolitico, che nel tempo divenne metallico.

Da quanto si conosce, fu il giornalista inglese James Perry (1756-1821) ad introdurre alcune modifiche rivelatesi sostanziali per l’evoluzione di questo  bellissimo e fondamentale strumento. Egli intuì infatti che modificando la punta metallica, allora monolitica , inserendovi cioè alcuni  tagli e fori, essa avrebbe acquisito maggiore elasticità.

Così facendo infatti egli aumentò l’adattabilità della punta al supporto target e compensò la pressione della mano, dosando al meglio la quantità di inchiostro raccolta dal calamaio. In altre parole creò il moderno pennino che ormai tutti conosciamo.
A quel punto il materiale del supporto rigido (il corpo della penna) libero dalla funzione di pennino, iniziò a evolvere nella direzione di nuovi materiali più pregiati o esotici (es. legni di varia origine, avorio, argento, ecc.). L’eleganza dello strumento, divenuto via via uno “status symbol”, spinge ancora oggi a sviluppare prodotti sempre più evoluti ergonomicamente e pregiati nelle finiture.

 

Un passaggio geometrico fondamentale

Nell’evoluzione sistematica c’è scritto che gli elementi tendono a diventare sempre più dinamici e le superfici attive. L’invenzione della sfera (mobile) in sostituzione del pennino (statico), quale elemento di contatto con il supporto e veicolo di trasferimento dell’inchiostro, è stato un balzo quantico nell’evoluzione di questo meraviglioso oggetto di comunicazione visiva.
Grazie ad essa la penna definita “a stilo” divenne ciò che ancora oggi chiamiamo: Penna a Biro.

Questo passaggio fondamentale si deve all’intuizione di un giornalista ungherese László Biró (1899-1985). Per scrivere i suoi pezzi pare che Biró utilizzasse lo stesso inchiostro impiegato sino a quel tempo per la stampa.
Un liquido molto più denso di quelli tradizionali, più gestibile nella distribuzione sul foglio ma  più rapido ad asciugarsi. A quel punto, il tempo divenne una variante determinante.
La sfera fu l’invenzione più elegante (senza compromessi) che egli potesse immaginare. La sfera funge da tappo e un lato di essa rimane sempre in costante contatto con l’inchiostro nel contenitore. Nel suo ruotare in una sede precisa, la sfera porta con sé un velo calibrato di inchiostro (superficie attiva) che trasferisce in tempo reale sul supporto cartaceo.
Un’invenzione senza età, sempre attuale. La penna a sfera o penna biro è ormai lo strumento più pratico ed economico per la scrittura a mano. Nonostante l’evoluzione tecnologica della scrittura (tastiera), la penna resta e rimarrà insostituibile. Nulla trasmette un piacere così completo come la scrittura a mano, oltre alla sua praticità d’impiego.

Il gesto della scrittura è insostituibile, lo hanno capito anche i produttori di PC e Tablet inserendo nella loro offerta le penne elettroniche. Facsimili di penne che permettono scrittura e disegno su superfici attive in vetro.

Il trasferimento del segno per mezzo di supporti digitali rende certamente più pratica e agevole l’operazione di immagazzinamento e gestione del contenuto ma sicuramente rende la scrittura meno empatica e priva dell’elemento tattile e di quello olfattivo offerti sia dal profumo e dalla consistenza della carta, che del profumo dell’inchiostro stesso.

Da decadi le penne vengono prodotte industrialmente restando sempre al passo coi tempi integrando spesso nuove funzioni.  La NASA, ad esempio, negli anni ‘60 investi un milione di Dollari per produrre una penna in grado di scrivere in tutte le posizioni, anche in assenza di gravità. La “super penna”, successivamente chiamata Fisher’s pen, fu fornita agli astronauti per svolgere le loro registrazioni manuali nello spazio.

Ancora oggi le penne restano regali pregiati e apprezzati, possono essere veicoli pubblicitari e molto spesso sono portavoce delle migliori evoluzioni tecnologiche nel campo dei materiali. I produttori di penne infatti prendono spunto dai settori più avanzati dell’industria, sia nella scelta dei materiali che in termini di design e funzionalità aggiuntive (es. penne con puntatori laser). Seguono sempre i trend evolutivi, anche quelli  ecologici

 

Le penne in plastica

I polimeri da più di cinquant’anni sono entrati in tutti i segmenti industriali più avanzati, incluso quello delle penne. Un’evoluzione che ha visto protagonisti polimeri fossili come PS, ABS, PC, PA e PP, lavorati con la tecnica dello stampaggio ad iniezione, in versioni mono e bi-materiale (es. rigido+soft, bi-colore), oppure con la tecnica mista dell’estrusione (corpo) e dello stampaggio (accessori).

Seguendo il trend “verso il bio”, ormai in costante progressione in moltissimi settori industriali, negli ultimi dieci anni sono stati utilizzati anche dei polimeri bio, sia biobased che bio-compostabili.

I primi materiali bio apparsi sul mercato e utilizzati dal settore erano in realtà dei prodotti ibridi.

Ovvero materiali fossili come il PP o il PE, caricati con materiali naturali (legno, sughero, canapa, alghe, ecc..), spesso non all’altezza delle aspettative e sicuramente non frutto di una reale strategia ambientale.

Successivamente, l’accresciuta sensibilità del pubblico verso l’ambiente ha portato a nuove matrici polimeriche bio provenienti da fonti parzialmente, o completamente rinnovabili (bio poliesteri a base di PLA e altri materiali derivanti da fermentazione o da basi amidacee) la cui strategia a monte è ben definita ed è rivolta alla riduzione delle emissioni di gas serra, in particolare le emissioni di CO2 e alla riduzione del consumo di materie prime fossili.

Le nuove direttive europee sull’Economia Circolare spingono in maniera sempre più pressante altresì nella direzione del riutilizzo di tutto ciò che abbia una aspettativa di vita relativamente breve, oppure al riciclo delle materie prime impiegate.   

Questa nuova indicazione europea sta mettendo in evidenza i pesanti limiti del “sistema recupero” delle diverse nazioni.

Il nuovo corso punta sui materiali ottenuti da fonti rinnovabili (biobased non compostabili e biopolimeri compostabili) che abbiano ovviamente prestazioni all’altezza della funzione richiesta al manufatto, spinge verso il riutilizzo dei prodotti esauriti o, infine, sostiene il recupero virtuoso delle materie prime al fine di un loro riutilizzo possibilmente negli stessi prodotti.

La forma più nota di recupero dei materiali plastici in commercio, in particolare quelli fossili o biobased non degradabili, è la macinazione e la successiva estrusione per riportarli a materia prima in granulo.   

Meno diffusa, ma in fase di rapido sviluppo, troviamo la depolimerizzazione.

Come ultima alternativa, grazie all’elevato contenuto energetico dei prodotti fossili, c’è il recupero energetico.
Questa soluzione non risolve il problema della riduzione del consumo di materie prime, ma risponde tuttavia all’esigenza di non inquinare il suolo del pianeta. Cancellata è invece l’opzione discarica.

  

I materiali biobased compostabili di 2Mila-ABM

Da circa 6 anni, seguendo il trend “verso il bio” di cui 2Mila ha segnalato da subito l’inarrestabilità, l’azienda ha inserito nella sua offerta di polimeri per lo stampaggio ad iniezione, nuovi compound biodegradabili molto tecnici ad elevate prestazioni. Prodotti biobased biodegradabili e compostabili, realizzati da società Artic Biomaterials Oy (ABM Composite – Finlandia).

Gli ArcBiox di ABM derivano parzialmente, o totalmente, da fonti rinnovabili e hanno un contenuto di carbone rinnovabile (carbone verde) che va dal 50% al 90%. Si tratta di materiali (compositi) in grado di soddisfare le esigenze tecniche, estetiche e di trasformazione, più complesse.

Senza dimenticare gli aspetti normativi legate ai diversi settori.

Nella tabella qui riportata è possibile identificare a colpo d’occhio le famiglie di materiali ArcBiox disponibili.

La tabella mette in evidenza la capacità degli ArcBiox di rispondere alle esigenze di riduzione di CO2 ma anche, cosa non meno importante, indica il possibile percorso di fine vita del manufatto finale realizzato con essi.

L’identificazione – a priori – di uno o più percorsi di fine vita del prodotto finito, sarà un elemento sempre più importante e distintivo da tenere in considerazione nelle politiche di Marketing di qualsiasi azienda produttrice di manufatti finiti.

 

ArcBiox per il settore delle penne

Per il settore delle penne e pennarelli, ABM ha sviluppato una serie di gradi ArcBiox specifici (vedi tabella) adatti per lo stampaggio ad iniezione o l’estrusione, che sono le due tecnologie più apprezzate per la produzione di questi importanti prodotti.

 

Come abbiamo visto in precedenza, in questo mondo degli strumenti per la comunicazione visiva vi sono gesti antichi, ancorché funzionali. Quello del temperare è uno di quelli.

Nella gamma dei prodotti ArcBiox indicati in tabella troviamo alcuni gradi specificamente ideati per soddisfare questa esigenza. Materiali compostabili che permettono di mantenere viva la suggestione dell’affilatura della punta, per mezzo del tradizionale e mai tramontato temperamatite.   

  

Economia circolare

Nelle strategie europee per la riduzione delle emissioni e del fabbisogno di materie prime la circolarità ha un posto importante, particolarmente strategico per i materiali fossili.

L’impiego di questi materiali nelle future produzioni continuerà ad essere apprezzabile, a patto che essi contengano una sempre maggiore quantità di materia prima riciclata proveniente da scarti industriali o, ancora più apprezzato, da post consumo.

Per quest’ultima soluzione – il recupero e reimpiego di materiali provenienti da post consumo – i limiti dei sistemi di raccolta e recupero, di cui abbiamo parlato prima, non offrono al momento soluzioni pronte all’uso.

In particolare quando i manufatti finali richiedono caratteristiche tecniche elevate, o contano su un certo livello di alimentarietà della materia prima.

Il recupero virtuoso, quello che permette una vera economia circolare “dal prodotto allo stesso prodotto”, richiede una certa creatività e un impegno da parte di tutti gli attori della catena del valore.

2Mila Srl ritiene questa collaborazione necessaria ed è disponibile per una discussione creativa e pro-attiva tra fornitore e cliente, su questo importante tema.

L’attenzione di 2Mila riguardo alle esigenze ambientali non si è mai attenuata, anzi, continua

 

 

2Mila Srl da diversi anni commercializza compound realizzati con materie prime fossili, sia vergini che parzialmente riciclate (serie IQ), su base ABS, PC e leghe PC/ABS), con un contenuto variabile di materie prime provenienti da scarto industriale.

Dello scorso mese di Giugno l’azienda ha ottenuto il marchio Plastiche Seconda Vita, da scarto industriale e MixEco, rilasciato dall’Istituto Italiano per il Riciclo (IIPR), per la sua nuova famiglia Xvalue™ Second life.

La nova gamma dei prodotti Xvalue™ Second life è al momento costituita da compound su base ABS, PC, PC/ABS e PS; con un contenuto di riciclato dal 30% al 90%

Xvalue Second life non è solo una nuova gamma di prodotti, bensì un progetto che punta a trovare una sintesi tra ciò che si vuole fare e ciò che si può realmente fare.

Anche in questo caso, come sempre asserito da 2Mila, la chiave vincente resta il dialogo aperto e costruttivo tra fornitore e cliente.

 


Per maggiori informazioni: e.sitta@2milasrl.it

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